Infanzia: definizione e psicoterapia

Definizione di infanzia e aspetti di psicoterapia

L’infanzia, per definizione, è quel periodo della vita che va dalla nascita alla comparsa dei segnali della pubertà, che introdurranno l’ingresso dell’adolescenza.

Parlare in modo generico della “infanzia” sarebbe difficile e fuorviante, in quanto questo termine comprende in un unico nome un periodo molto esteso, sia dal punto di vista strettamente temporale, oggettivo (va da 0 a circa 12 anni), sia da quello dell’esperienza soggettiva del bambino che vede avvenire in sé importantissime trasformazioni.

Già nella primissima infanzia, attraverso le ripetute interazioni con i genitori, il bambino svilupperà un insieme di schemi che saranno alla base della propria identità, del modo di relazionarsi agli altri e di percepire la realtà.

Attraverso ripetuti cicli di bisogno-soddisfazione del bisogno e attraverso le cure genitoriali, il bambino potrà percepirsi come un essere dotato di senso, di un’intenzionalità e degno di esistere.

Molto importante in questo periodo è la figura della madre e la sua funzione di “contenimento” e di “sintonizzazione affettiva” che permetterà al bambino un adeguato sviluppo affettivo e la capacità di regolare le sue emozioni, specialmente gli stati di paura e di dolore.

Nei primi 15 mesi di vita si consolida il legame di attaccamento alle figure significative, ossia si stabilisce quella base sicura, quella fiducia fondamentale che permetterà al bambino di crearsi aspettative positive nei rapporti futuri.

Mi sembra importante sottolineare che la creazione del sé e dell’identità sono relazionali , ossia avvengono nella relazione con gli altri. Già dalla nascita il bambino presenta un insieme di competenze (il pianto, il succhiare, l’aggrapparsi, l’orientamento verso il volto umano) che lo predispongono ad entrare in relazione con l’adulto, senza di cui non potrebbe sopravvivere.

Il legame con la madre inizialmente è simbiotico, tanto che più del bambino come individuo, alcuni autori parlano della “diade” madre-bambino, come unità indistinguibile. In seguito, con la maturazione di diverse abilità che favoriscono l’esplorazione dell’ambiente, inizia il delicato processo di separazione-individuazione che, se portato a termine con successo condurrà alla costruzione di un concetto di sé e degli altri positivo e stabile (costanza d’oggetto). E’ molto importante in questa fase che il bambino non percepisca le sue spinte all’autonomia come una minaccia al legame con la madre. La fluidità dei movimenti di allontanamento-riavvicinamento, la percezione della madre come una fonte sicura di “rifornimento affettivo”, accessibile quando ne ha bisogno e non “bloccante”, permetterà al bambino di costruirsi una personalità indipendente, capace di rapportarsi agli altri senza scivolare nella dipendenza simbiotica.

Erikson, tenendo conto dell’evoluzione della relazione tra individuo ed ambiente, divide l’infanzia in 4 stadi, ognuno dei quali ha come obiettivo una conquista.

Nella prima fase della vita il bambino si rapporta quasi esclusivamente con la madre ed esprime il bisogno di “incorporare” per soddisfare le sue esigenze di amore e sicurezza. Se la madre risponderà in maniera adeguata a tale necessità il bambino acquisirà un sentimento di fiducia, altrimenti i suoi rapporti saranno caratterizzati dalla sfiducia.

Nella fase successiva, acquisendo la maturità neuromuscolare per controllare gli sfinteri, il bambino impara che il trattenere o l’eliminare sono sotto il suo controllo. In condizioni favorevoli questo permetterà di sviluppare l’esperienza dell’autonomia, altrimenti si consolideranno il dubbio e la vergogna. Inoltre questo momento è decisivo per sviluppare lo spirito di collaborazione o la tendenza al dominio, la libertà nell’espressione di sé o la soppressione della stessa.

Successivamente la realtà emotiva del bambino si trasforma da diadica a triadica, in quanto fa ingresso la figura paterna. In questo periodo che Erikson definisce “l’età del gioco”, il bambino affronta i problemi relativi alla differenziazione sessuale. Fondamentale in questo momento è l’interiorizzazione delle regole generali, che saranno alla base dell’autosservazione, dell’autocontrollo e dell’autopunizione. In un ambiente favorevole il bambino svilupperà l’iniziativa, altrimenti rimarrà bloccato dai sensi di colpa.

L’ultimo stadio dell’infanzia corrisponde all’età scolastica, in cui il bambino fa il suo primo ingresso in società. Se la socializzazione sarà incoraggiata il bambino svilupperà l’industriosità, altrimenti sperimenterà un senso di inferiorità.

Già da queste poche righe è possibile comprendere come l’infanzia non sia quel periodo di disimpegno e spensieratezza che alcuni dipingono, ma un’età di lavoro intenso e profonde trasformazioni in cui si gettano le fondamenta del futuro.

L’intento di questa mia breve descrizione, che non si propone assolutamente di essere esaustiva, è sottolineare l’importanza delle dinamiche dell’infanzia nella costruzione della personalità adulta, e il valore delle prime esperienze relazionali all’interno delle quali prima l’infante, poi il bambino co-costruisce, in base alle risposte dell’ambiente, la sua realtà.

Bibliografia:

Erikson, E., (1960), Infanzia e società  , Roma, Armando.
Giusti E., (2002) Essere in divenendo , Roma, Sovera.
Greenberg, J.R., Mitchell, S. A., (1986), Le relazioni oggettuali nella teoria psicoanalitica, Bologna, Il Mulino.