Shopping compulsivo: definizione e terapia

Prima di parlare dello shopping compulsivo è necessaria una breve premessa. La nostra vita è fatta di giorni pieni di cose ed eventi piacevoli, e sicuramente di cose ed eventi spiacevoli. Tutti noi, in qualche modo, cerchiamo di orientarci maggiormente verso quelle situazioni che ci procurano piacere. L’essere umano ha come punto di arrivo il soddisfacimento dei propri bisogni primari, come: mangiare, dormire, vivere la sessualità, e questo ci permette di affrontare la giornata in modo più piacevole.

Accanto ai bisogni primari, ci sono bisogni definiti come secondari, che variano da cose superficiali a momenti di relax e piccole piacevolezze, però necessari per sentirci ancor più gratificati. Esempio tipico di ciò, è fare una passeggiata, parlare con un/a amico/a ecc. Queste cose, anche se piccole, ci rendono la giornata sicuramente più leggera.

Piacevole può essere: una partita a carte, o decidere di uscire per ammirare le vetrine dei negozi e poi volersi comprare un nuovo vestito o un nuovo paio di scarpe.

Un vecchio detto dice: se le cose piacevoli durano troppo lo stesso piacere viene a mancare . Questo vuol dire che in tutte le cose ci vuole un equilibrio, quindi, perdersi nel gioco delle carte, o bere, o cadere nello shopping, in modo compulsivo, da piacevole può diventare spiacevole, se non addirittura dannoso.

In un recente articolo ” Shopping, da mania a malattia ” apparso su ” Il Messaggero” viene ricordato che lo shopping può diventare un vero e proprio disturbo psicologico.

Comprare una camicia, o una gonna, o un paio di scarpe, perché ci piacciono, può essere piacevole e divertente, ma “ comprare per comprare ” senza rendersi conto di niente e neppure del proprio conto bancario, può rivelarsi pericoloso.

In queste occasioni ci troviamo di fronte a quello che viene chiamato Shopping Compulsivo, descritto per la prima volta da Kraepelin nel 1915 come “Mania di comprare” o “Oniomania”.

In questa situazione, le persone che ne sono coinvolte riempiono il proprio armadio di vestiti, si gettano su scarpe e borse e ne “inghiottono decine”, firmano assegni e sfornano carte di credito come se fossero nababbi, si caricano di pacchi e pacchetti.

Sicuramente, qualche minuto prima che “Iniziano le danze”, queste persone sono travolte da una tensione (ansia o disagio) che sentono di dover assolutamente scaricare. Il problema principale, in tutto questo, è che la tensione, pur sciogliendosi con l’acquisto dei beni, si può ripresentare ( ne siamo quasi certi) dopo un certo periodo di tempo.

Imparare a capire le origini dei nostri comportamenti, spesso, si rivela la soluzione migliore per poterli affrontare.

Qualcosa in noi in quel momento non va? Un vestito o un paio di scarpe ci aiutano a coprire quel malessere, a non pensare e spesso a non voler capire.

Un abito bello potrebbe renderci più belli, un paio di scarpe potrebbe renderci più slanciati, ma quanto bisogno abbiamo di renderci belli e slanciati quando se, invece di un vestito o un paio di scarpe, compriamo tre/quattro vestiti e tre/quattro paia di scarpe?

Tuttavia, non dobbiamo confondere il nostro bisogno di sentirci belli e quindi apparentemente più sicuri, con la nostra difficoltà di contattare le nostre fragilità, le nostre paure o i nostri bisogni. Ecco che gli oggetti, in tal modo, vanno a coprire una mancanza.

Forse in noi ci sono tanti “ vorrei” , molto probabilmente, vorremmo che il rapporto con il nostro partner fosse diverso e quindi fatto di maggiori carezze o abbracci, forse vorremmo che nel nostro lavoro ci fosse una maggiore riconoscenza per quello che facciamo, che il rapporto con i nostri figli e la famiglia di origine fosse più vero. In questo modo, ecco che l’abbigliamento crea un’immagine che non ci denota dentro, ma che vorremmo avere e quindi ci impuntiamo di trovarla e di mostrarla agli altri. Spesso, questa immagine potrebbe essere ciò che noi vorremmo ci appartenesse, ma soprattutto, ciò che noi vorremmo far credere di essere.

Si è visto, infatti, che per valorizzare la propria immagine, le donne scelgono i capi d’abbigliamento, seguiti da cosmetici, scarpe e gioielli. L’uomo, invece, predilige simboli di potere e prestigio, come: telefonini, computer portatili e attrezzi sportivi.

È necessario, quindi, domandarsi se questo bisogno di comprare non sia la conseguenza della necessità del nostro corpo di entrare in contatto con qualcosa che non sia materiale.

Spesso in un momento di depressione o di tristezza le persone sentono venir meno la propria autostima , sentono di valere di meno, scambiano i bisogni affettivi del proprio IO con bisogni più materiali. Per cui, se in quei momenti si decide di non ascoltare nulla di tutto questo, lo Shopping Compulsivo è la soluzione migliore!!

Dott. Giacomo Del Monte