Disturbo dell’identità di genere: il transessualismo

Transessualismo e “Cambiamento di sesso in Italia e all’estero”

Il Disturbo dell’Identità di Genere o transessualismo viene diagnosticato nel DSM IV (1995), in relazione a due criteri che devono essere contemporaneamente presenti:

  • una forte e persistente identificazione col sesso opposto, manifestata dal desiderio di essere o dall’insistenza sul fatto di essere del sesso opposto, e non solo un desiderio di qualche presunto vantaggio culturale derivante dal appartenenza al sesso opposto (Criterio A).
  • un persistente malessere riguardo alla propria assegnazione sessuale, oppure un senso di estraneità riguardo al ruolo di genere del proprio sesso (Criterio B).

Dott.ssa Anna Sorrenti Dai dati riportati sul DSM IV, la figura del soggetto di sesso biologico maschile portatore di DIG (disturbo identità di genere) si definisce in base a specifiche caratteristiche.
Nei maschi l’identificazione col sesso opposto si manifesta con un eccessivo interesse per le tradizionali attività femminili. La preferenza nell’indossare abiti da donna e nel preferire giochi e passatempi tipici del sesso femminile, associato all’evitamento di sport competitivi e di tutta una serie di giocattoli (macchinine, camion, ecc.), tipici dei maschi, evidenzia il bisogno di identificazione col sesso opposto. Il desiderio di essere bambine o sostenere che quando cresceranno diventeranno donne è una delle caratteristiche del DIG nell’età evolutiva.
Tale desiderio che al contrario, nelle bambine é quello di avere un pene che crescerà si manifesta con l’insistenza ad urinare seduti nei maschi ed in posizione eretta nelle femmine. Queste ultime rifiutano di indossare vestiti o altri capi femminili preferendo un abbigliamento di tipo maschile, capelli corti e non di rado possono chiedere di essere chiamate con nomi maschili. Le bambine con DIG preferiscono giocare con i maschi e con giocattoli tipici di questo sesso mostrando così, una notevole identificazione col sesso opposto nella scelta dei ruoli, nei sogni e nelle fantasie.

Il disagio o la menomazione nei soggetti con Disturbo dell’identità di Genere, si manifestano in modo differente nel corso della vita. Nei bambini piccoli, il disagio si manifesta tramite la dichiarata scontentezza riguardo alla propria assegnazione sessuale. L’eccessivo coinvolgimento nel desiderio di appartenere al sesso opposto, spesso interferisce con le attività ordinarie. Nei bambini più grandi l’incapacità di sviluppare esperienze e rapporti adeguati per l’età, coi compagni dello stesso sesso, porta spesso all’isolamento ed al disagio e alcuni bambini possono rifiutare di andare a scuola per le prese in giro o per le pressioni ad indossare abbigliamenti tipici del proprio sesso. Negli adolescenti e negli adulti l’eccessivo coinvolgimento nell’appartenere all’altro sesso, interferisce frequentemente con le attività ordinarie. Sono comuni difficoltà relazionali ed il rendimento a scuola o sul lavoro può essere compromesso” (DSM IV, 1996).

Autori come Crépault (1989) mettono in evidenza come, per molto tempo, la psichiatria abbia considerato il transessualismo come un delirio rientrante nel campo della psicosi o anche come un nucleo delirante della personalità.
Oggi però, i numerosi casi clinici, l’approfondimento delle dinamiche intrapsichiche che sottendono i disturbi dell’identità, hanno portato finalmente ad un inquadramento nosografico distinto dai disturbi mentali di cui le disforie di genere erano considerate tradizionalmente sintomi marginali. Il transessualismo individua così, una precisa sindrome come evidenziato nel DSM IV, che costituisce il grado estremo del disturbo del nucleo dell’identità di genere (Baldaro Verde, 1991).
Benjamin (1966), sulla base dei suoi studi, operò una classificazione per ciò che concerne il transessualismo suddividendolo in tre gruppi. Nel primo gruppo incluse tre tipi di persone:

  • tipo: pseudotravestiti;
  • tipo: travestiti feticisti;
  • tipo: travestiti veri.

Nel secondo gruppo incluse il quarto tipo: transessuali non operati. Del terzo gruppo facevano parte il quinto tipo, transessuali veri di intensità moderata ed il sesto tipo, transessuali veri di intensità elevata.
Dalla classificazione di Benjamin (1966) ad oggi sono stati condotti diversi studi ma nessuno di questi è riuscito a dare un’unica spiegazione della “causa” del transessualismo, anche se di volta in volta sono state considerate la mancata impregnazione ormonale dei nuclei cerebrali o la struttura emotiva familiare.
Al centro delle ipotesi eziopatogenetiche si pone la relazione genitoriale perturbante nella fase post-natale. Maccoby (1990), sottolinea come l’identità di genere è funzione di un’interazione fra due o più persone, o meglio, fra il neonato e la figura o le figure che ricoprono il ruolo genitoriale.

La Baldaro Verde (1993) parla di “tendenza transessualizzante” dei genitori e in particolare della madre e, inoltre, dà rilievo al ruolo che i genitori ricoprono nella genesi del transessualismo che è sempre dialettico con il bambino nella sua totalità, vale a dire che quest’ultimo non è neutro in questo processo, ma anzi le motivazioni ed il comportamento del bambino e della madre sono interdipendenti e possono facilitare o inibire la progressione del disturbo. Possono essere differenziati un transessualismo primario, più precoce, i cui primi segni compaiono già intorno ai 18-24 mesi (periodo di sviluppo del core gender identity); un transessualismo secondario o pseudotransessualismo che ha una comparsa o un’accentuazione più tardiva, post-puberale, in cui la richiesta di riconversione sessuale nasconde un problema psichiatrico (si considera la presenza di una sindrome borderline) sottostante di maggiore portata e minacciosità per l’integrità dell’Io (Baldaro Verde, 1991). Nelle persone in cui si riscontra una forma secondaria di transessualismo possono essere individuati soggetti affetti da un problema di identità fino a quel momento meno avvertito ed improvvisamente esasperato da un evento esistenzialmente rilevante, soggetti affetti da un disturbo psichiatrico primario che non ha permesso una linea di demarcazione netta tra il mondo fantasmatico e la realtà (Baldaro Verde, 1991). Crèpault (1989), invece, parla di acquisizione di un’identità femminile, da parte del transessuale maschio primario soprattutto per sfuggire all’angoscia di separazione, angoscia che risulta essere forte per il fatto di essere stato idolatrato dalla madre ed aver creato, di conseguenza, un’imago materna completamente buona, identificandosi con la quale può raggiungere la felicità.

Diversamente nel transessualismo secondario, la madre viene vista come inadeguata, distante, insensibile ai suoi bisogni emozionali, cosicché il suo desiderio di essere donna mira a riparare il passato, divenendo egli stesso la propria madre idealizzata.

Oggi si sta cercando di aiutare queste persone applicando delle leggi consone per queste problematiche, molti governi pongono l’attenzione a queste forti disagi personali andando contro a quello che è il pensiero della chiesa, che risulta nei confronti di queste persone giudicante e ghettizzante.

Infatti, per esempio, dopo la legge sui matrimoni gay e il divorzio veloce il governo Zapatero nei prossimi mesi varerà la nuova legge sul cambio di sesso. Le modifiche di tale legge sono estremamente sostanziali, le transessuali e i transessuali potranno modificare i propri dati anagrafici non più con una sentenza del giudice ma portando la documentazione medico-psicologica che attesta il processo di transizione dell’individuo all’ufficio di stato civile di residenza, tutto questo anche se la persona non ha ancora provveduto all’intervento di riattribuzione chirurgica del sesso.

Inoltre cosa molto importante le spese saranno a totale carico dello stato, ben sapendo che fino ad oggi cambiare sesso in Spagna i costi sono molto elevati e non tutte le persone hanno le possibilità economiche per usufruire di tale servizio soprattutto a causa delle forti forme di discriminazione che sussistono nel mondo del lavoro nei confronti delle persone transessuali sia MtF (maschio-femmina) che FtM (femmina-maschio),in questo modo il governo Zapatero si è reso sensibile delle richieste poste dalle associazioni GLBT aggiungendo così un altro tasselo fondamentale per ciò che riguarda i diritti civili nel paese iberico.
In Italia la legge sul cambio di sesso è stata istituita nel 1982 (legge 164/82) grazie alle battaglie della comunità transessuale che con questa legge a posto fine alle repressive e crudeli leggi fasciste a cui fino a questa data le persone transessuali venivano poste.

Crediamo che però alla legge 164/82 si debbano apporre delle modifiche sostanziali soprattutto a riguardo il cambio del nome, purtroppo la carenza di organici nell’amministrazione giudiziaria fanno si che qualunque procedimento assuma dei tempi biblici soprattutto nelle grandi aree metropolitane dove di media i tempi per un ricorso di riattribuzione anagrafica è sui 13 mesi con molte eccezioni che superano anche i 2 anni.

Tutto questo provoca estremo disagio e forti discriminazioni nei confronti di queste persone. Migliorando una legge si migliora anche la vita delle persone sempre!!! Molta gente non si è mai posta il problema “Io sono un uomo o una donna?”. Normalmente basta osservare il proprio corpo, e la risposta è ovvia. Ma per un transessuale, il sesso del proprio corpo è sentito “sbagliato”, perché il modo con cui vede il mondo è tipico del sesso opposto.

Questo spesso genera delle confusioni per il transessuale, poiché normalmente la gente si aspetta che un corpo maschile contenga una psiche maschile, e parallelamente, un corpo femminile contenga una psiche femminile. Questo non è valido per i transessuali, poiché le caratteristiche fisiche del proprio corpo differiscono dal loro sesso reale, cioè mentale, generando stati di malessere e perdita della serenità.

Si possono distinguere due categorie: i transessuali da maschio a femmina, che presentano una mente femminile in un corpo maschile, e i transessuali da femmina a maschio, che “alloggiano” una mente maschile in un corpo femminile.
Il transessualismo è una condizione poco comune ma vi sono migliaia di transessuali che vivono insieme alla gente “normale”.

Bibliografia

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Inviato da Dott.ssa Anna Sorrenti